Lucy e il bipedismo
AUSTRALOPITHECUS AFARENSIS
Lucy, è un famoso scheletro di Australopithecus afarensis, ritrovato il il 24 novembre 1974: la sua scoperta è così popolare poiché è stata fondamentale per tracciare alcuni rami della nostra evoluzione. L’avvenimento della scoperta è stata sensazionale tanto che ogni anno viene ricordata come anniversario della scoperta perché non era mai stato ritrovato uno scheletro così antico e così completo. Ma vediamo ora nel dettaglio, cosa ha comportato questa scoperta e le analisi eseguite.
Ritrovato nei giacimenti fossili della regione dell’Afar, in Africa, venne catalogato insieme ad altri numerosi reperti sempre inerenti 3-4 milioni di anni fa.
L’eccezionale conservazione che ha permesso agli studiosi di ritrovare il 40% dello scheletro, ha dato il via ad analisi approfondite che prima di allora non erano state mai eseguite. infatti, dalla morfologia del bacino e dell’articolazione del ginocchio di Lucy, gli studiosi hanno potuto stabilire l’adattamento della specie al bipedismo.
IL BIPEDISMO
Da qui sono partite ricerche a cura di diversi autori: alcuni hanno sostenuto che in Australopitecus afarensis persistano molti caratteri legati alla vita arboricola o comunque diversi da quelli dell’uomo attuale. Hanno affrontato l’argomento dal punto di vista del dimorfismo sessuale: sembra infatti esistere un rapporto tra dimensioni corporee e capacità arboricole, nel senso che, gli esemplari più piccoli di A.afarensis, sembrano conservare i caratteri legati alla locomozione arboricola, mentre i più grossi sembrano adatti al bipedismo.
Altri autori hanno preso in considerazione una singola articolazione per effettuare ricerche sulla stazione eretta di Lucy, valutando che potesse veramente stare in piedi capace di camminare su due zampe.
In ogni caso, lo studio sull’anatomia dell’apparato locomotore, si è basato sul confronto dei resti di Australopithecus afarensis con scheletri di Homo sapiens e di grandi scimmie africane, e su studi elettromiografici (EMG) eseguiti su diverse specie di primati e in Homo sapiens (Stern et al.,1983).
I VANTAGGI DEL BIPEDISMO
Il bipedismo è uno svantaggio o un vantaggio? Noi ora lo vediamo come un vantaggio, il fatto di poter stare in piedi, camminare vedere tutto ciò che vogliamo senza per forza alzarci su due zampe, ecc.
Proiettiamoci per un momento però nel Paleolitico inferiore: proviamo quindi a pensare di essere circa 1.10 mt di altezza e di avere davanti a noi non strade e palazzi ma fitta vegetazione, alberi alti e magari radure piene di insidie come predatori in cerca di cibo.
Qui il bipedismo non sempre è un vantaggio perché a quattro zampe sicuramente si è più stabili, più veloci e leggiadri e ci si può arrampicare in fretta. Per questo l’ipotesi più plausibile riguardante in generale gli australopiteci è che fossero individui adattati a stare su due zampe ma che la gran parte del tempo stavano su quattro zampe per la vita arboricola più come le scimmie.
Questo è quello che si chiama bipedismo occasionale. Nonostante questo, il corpo degli australopiteci ha iniziato sicuramente ad evolversi di più rispetto ad altre specie più antiche: la mano lasciata alle volte libera cerca nuovi modi per afferrare le cose, anche quelle più piccole (ma su questo torneremo più avanti con articoli interessanti sulla corelazione tra mano e cervello), il piede si modifica per adattarsi alla stazione eretta, la schiena inizia a trasformarsi ed allungarsi così come la cassa toracica che si riduce e si allunga per contenere gli organi nella stazione eretta. Le natiche si fanno più pronunciate, poiché servono per sostenere il peso del corpo in piedi.
ALTRI REPERTI – little foot
Non tutto quello che sappiamo sul bipedismo è stato ipotizzato dopo aver studiato lo scheletro di Lucy. Altri ritrovamenti si sono succeduti con il passare degli anni, ma Lucy è stata imbattuta per oltre un decennio. Ad esempio, un altro scheletro degno di nota, antico quanto Lucy ma ritrovato a Sterkfontain, circa 40 chilometri a Nord Ovest di Johannesburg, in Sudafrica.
Si tratta di Little Foot, un Australopiteco circa 500 mila anni più antico di Lucy, sempre afarensis, ritrovato a cura del team di ricerca capitanato da Ron Clarke. Le ricerche, durate circa 20 anni, hanno riportato alla luce, uno scheletro quasi completo di Australopiteco su cui gli studiosi stanno eseguendo numerosi confronti poichè si pensa possa dirci molte cose in più rispetto a quelle che già si sanno grazie alle scoperte avvenute prima di Little Foot.
Clarke ritrovò dapprima alcune ossa del piede di una specie che poi venne scoperto essere Australopiteco. Ben presto, si rese conto dell’eccezionale scoperta: così presero a controllare la zona, ritrovando molte più ossa, contenute in una matrice rocciosa.
Su Little Foot, sono state svolte tantissime ricerche, alcune forse ancora in corso. Grazie anche alle moderne tecnologie, stanno compiendo scansioni anche a livello osseo notando le impronte dei vasi sanguigni. Si pensava fosse della stessa specie di Lucy ma in realtà le ossa e i denti sono così particolari che gli è stata dato un nuovo nome: Australopithecus prometheus.
Ancora non si sa se Little Foot sia una nuova specie o se sia appartenente alla famiglia del Paranthropus o se sia appartenuto ad esemplari di Australopithecus africanus. Ciò che è certo è che è una scoperta eccezionale, per l’antichità del reperto, per lo stato di conservazione e per le informazioni che ci sta donando.
Ossa del piede del fossile di Little Foot
(Credit: AGF/Patrick Landmann/Science Photo Library)