Il significato dell’arte Paleolitica
L’arte rupestre ha sempre rappresentato un punto interrogativo nello studio della paleontologia umana: dapprima le pitture ritrovate, per la straordinaria qualità che li caratterizzava, venivano difficilmente datate a tempi così remoti. L’origine dell’arte rupestre è anch’essa un mistero, abbiamo tantissime testimonianze sparse per siti archeologici più o meno conosciuti, ma, rimane ancora poco conosciuto il momento che ha dato il via a queste rappresentazioni e soprattutto perchè. Vediamo insieme qualche teoria a riguardo.
L’uomo ha da sempre avuto un grandissimo bisogno di comunicarsi agli altri e lo testimoniano tutti i rinvenimenti, sia di arte parietale che di arte mobiliare, che si sono susseguiti nel corso del tempo.
In assenza di scrittura attraverso forme, colori, simbologie (a volte ancora criptiche per noi) con tecniche pittoriche ben precise e studiate precedentemente, ha potuto raccontare la propria vita e trasmettere informazioni arrivate fino ai giorni nostri.
Diversi studiosi sono convinti che le pitture siano frutto di uno studio dell’ambiente circostante, altri ancora ritengono che le pitture fossero un racconto per le scene di caccia.
L’ipotesi invece che si sta diffondendo sempre più è quella legata ai riti propiziatori
Studiosi, come Breuil e Reinach, infatti, ritenevano che qui, nelle profondità delle grotte, ci fossero dei rituali per assicurare il successo nella caccia e la fecondità della terra e degli animali.
Questo spiegherebbe anche il perchè le immagini non hanno una contestualizzazione ma sono staccate le une dalle altre; a volte si trovano sovrapposte tra loro e questo perchè non è importante l’estetica ma il risultato della rappresentazione.
Il filosofo marxista tedesco Max Raphael (1889-1977), studioso di arte ed estetica, fu il primo a dare una nuova interpretazione per l’arte paleolitica. Nel 1935 visitando alcune caverne con arte parietale pensò che le figure animali non erano isolate, ma costituivano un insieme.
Oltre a considerare le figure animali in relazione l’una con l’altra e in gruppi il cui significato è dato proprio dalla loro associazione, egli adottò il totemismo come criterio di interpretazione: ad es., il soffitto di Altamira rappresenterebbe simbolicamente il conflitto tra il clan del bisonte e quello della cerva.
LEROI-GOURHAN
Alcuni spunti di Annette Laming-Emperaire, la quale propose l’ipotesi di un’associazione donna-bisonte o donna-bisonte-cavallo, vennero ripresi e sviluppati da André Leroi-Gourhan.
Per prima cosa evidenziò il fatto che l’interpretazione dell’arte paleolitica come magia propiziatoria della caccia e della fecondità era inaccettabile (infatti la fauna consumata ben raramente corrisponde al bestiario dell’arte parietale). Non negò mai l’esistenza di riti magici, ma teorizzò che gli uomini del paleolitico potessero manifestare tramite immagini, sentimenti ed idee che, corrispondono a ciò che noi chiamiamo religione.
La sua analisi, prese in considerazione oltre 70 grotte, in cui studiò ed analizzò le figure rappresentate nell’arte parietale, classificando le figure animali in quattro gruppi distinti con le lettere A-D (la E era destinata al simbolismo).
Il gruppo A costituito dal cavallo, animale più raffigurato e presente in quasi tutti i complessi di arte parietale, rappresenta il 27,87% di tutte le figure. La sua assenza costituisce un’eccezione.
Il gruppo B comprende i bovidi, in particolare il bisonte (23,30%), e l’uro (Bos primigenius) (6,26%) e rappresenta il 29,57% delle figure; cavallo e bovidi insieme sono il 57,44% di tutte le figure dell’arte parietale, ne sono quindi il tema centrale.
Il gruppo C è costituito da quelli che Leroi-Gourhan definisce “animali complementari”:
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- cervo (11,28%)
- mammut (9,36%) (presente nell’area franco-cantabrica, assente in Italia e nel sud della penisola iberica)
- stambecco (8%)
- renna (3,8%)
Gli animali complementari sono il 32,54% di tutte le figure animali.
Il gruppo D comprende animali poco raffigurati, spesso posti nelle parti più profonde delle grotte, come l’orso (1,64%), i felini (1,32%) o il rinoceronte (0,73%). Questo gruppo rappresenta il 3,7% delle rappresentazioni
Ancora meno numeroso è il gruppo E, costituito da figure “mostruose” o fantastiche e da pesci ed uccelli con solo l’1,05%.
Tuttavia, le statistiche di Leroi-Gourhan sono obsolete, alcune delle grotte, studiate poi successivamente, hanno rilevato un numero di figure aumentato rispetto a prima. Inoltre sono state scoperte nuove grotte (ad es. Chauvet) che presentano un bestiario molto diverso da quello precedentemente noto.
SEGNI ASTRATTI
Anche i segni astratti presenterebbero una coerente distribuzione all’interno delle grotte.
I segni astratti, un tempo interpretati come lance, boomerang arpioni, capanne, ecc., sembrano confermare la natura simbolica dell’arte parietale paleolitica.
Essi sarebbero schematizzazioni di figure umane o di organi sessuali (quelli larghi di forma ovale la vulva, i claviformi la figura femminile vista di profilo, i segni sottili e allungati il fallo, quelli a forma di piuma una figura umana schematica con il fallo).
LA TEORIA DELLO SCIAMANESIMO
Nel corso di cerimonie collettive, lo sciamano entra in uno stato di coscienza alterata, “trance”, durante la quale il suo spirito viaggia in un mondo parallelo al nostro. Qui lo spirito dello sciamano, entrando in contatto con alcune divinità, aiutato sempre dai suoi animali guida, cerca aiuto per la comunità.
Diversi studiosi hanno cercato e cercano tutt’ora di studiare le pitture rupestri, come l’archeologo ed etnografo sudafricano J.D. Lewis-Williams che ha correlato, arte rupestre alle popolazioni Boscimani, dimostrando la funzione sciamanica dell’arte rupestre.
Questo confronto non ci serve per carpirne le somiglianze tra i boscimani e le popolazioni paleolitiche, ma ci serve a capire gli eventuali stati alterati di coscienza e le percezioni allucinatorie.
Queste teorie sono ancora in corso per cui non sono da considerarsi come finite.
Oltre a erbe allucinatorie come la belladonna o altre prese dallo sciamano per entrare nella trance si pensa che le profondità delle grotte, e la deprivazione sensoriale come conseguenza dell’assenza di luce, favoriscano la formazione di stati allucinatori.